ROMAGNA E ROMAGNOLI NEL MONDO / 41 / Gli Ottoni, san Romualdo e la «missio ad gentes» da Ravenna all’Europa dell’est

Più informazioni su

Il papato nel X secolo era in crisi; le elezioni di vescovi e papi si svolgevano in un clima di sedizione istigato dalle famiglie aristocratiche. Questo periodo turbolento finì nel 932, quando Alberico prese il potere a Roma e destituì il papa della sua autorità temporale. Alberico dominò la vita pubblica di Roma per circa vent’anni, controllando anche la nomina del pontefice; nel 954 impose alla nobiltà e al clero di far eleggere il figlio Ottaviano, che nel 955 salì al soglio pontificio col nome di Giovanni XII, così il potere temporale e quello spirituale tornarono ad essere riunificati in una sola persona. Il nuovo pontefice, cercando di migliorare la situazione dello Stato della Chiesa, chiamò il re dei Franchi orientali, Ottone I, che discese nel 961 e si fece incoronare in San Pietro il 2 febbraio 962. Ottone vincolò il pontefice a un patto di fedeltà, il Privilegium Othonis (13 febbraio del 962) per cui da allora ogni elezione pontificia avrebbe richiesto la conferma imperiale. In qualche modo, con l’incoronazione del 962, Ottone I vedeva realizzarsi il sogno di rinnovare l’ideale carolingio.

Ottone I

Ottone I

Roma però continuava ad essere turbolenta e infida, e a quel punto fu Ravenna ad attirare le preferenze del neo-imperatore, divenendo (di fatto se non ufficialmente) di nuovo “capitale”; e fu proprio a Ravenna che Ottone, di concerto col papa, convocò nel 967 un Concilio. Il consesso, concludendosi l’anno dopo, fra le altre cose istituì un nuovo arcivescovato, quello di Magdeburgo, in Sassonia, di cui venne eletto primo prelato il monaco tedesco Adalberto che, in virtù della sua esperienza “missionaria”, si assunse l’incarico di evangelizzare le terre settentrionali e orientali oltre l’Elba, ancora controllate dagli Slavi pagani. A Magdeburgo diventò allievo di Adalberto e si avviò al sacerdozio il giovane Vojtech, boemo e imparentato con la dinastia sassone. In onore del maestro, di cui condivise gli intenti missionari, mutò il proprio nome in Adalberto (di Praga). Questi nell’autunno del 996, seguendo il mandato di evangelizzazione invocato dal Concilio ravennate del 967-68, si recò in Polonia, risalì la Vistola e giunse a Danzica, iniziando la propria missione; penetrato infine in terra prussiana, vi trovò accoglienza ostile e venne ucciso dai pagani il 23 aprile del 997.

Sant'Adalberto

Sant’Adalberto di Praga

Nello stesso tempo il monaco Romualdo, nato a Ravenna verso la metà del secolo, dopo un’esperienza in Sant’Apollinare in Classe, alla ricerca di una vita quasi eremitica, sceglie come luogo in cui vivere e operare insieme ad alcuni confratelli l’isola del Pereo, persa fra paludi e lagune, in un’ansa di un ramo meridionale del Po: stiamo parlando dell’attuale località di Sant’Alberto, oggi frazione di Ravenna. Il carisma di Romualdo affascina molti nobili tedeschi della corte imperiale, tanto che alcuni di loro lo raggiungeranno per rimanere con lui; tra questi c’è il prefetto della cappella regia Bruno di Querfurt. Anche l’imperatore, che all’epoca è Ottone III, si reca più volte nell’eremo a nord di Ravenna.

Nell’anno 999 sale al soglio pontificio col nome di Silvestro II l’arcivescovo di Ravenna, Gerberto d’Aurillac, ed anche grazie a lui (che proclama santo Adalberto di Praga) viene ripensata la mappa dell’Europa con l’obiettivo della creazione di nuovi regni cristiani lungo la cerniera orientale.

Silvestro II

Papa Silvestro II

Si susseguono vicende che qui, per motivi di spazio, è arduo riassumere (parliamo del viaggio di Ottone III in Polonia e del suo omaggio alla tomba di sant’Adalberto, delle richieste del duca Boleslao I di far nascere una chiesa polacca indipendente dal clero tedesco, della creazione del vescovato polacco di Gniezno, della richiesta all’imperatore da parte di Boleslao di inviare in Polonia missionari che diffondano il cristianesimo tra una popolazione ancora in gran parte pagana, ecc.), e nel gennaio del 1001 il papa Silvestro II e l’imperatore Ottone, a causa di disordini in una Roma che non sopporta un papa e un imperatore stranieri, riparano a Ravenna: qui, in Sant’Apollinare in Classe, viene temporaneamente trasferita la curia romana, ed è indetto un Concilio in cui si affronta nuovamente il tema della cristianizzazione delle regioni orientali, fra cui Polonia e Ungheria, paese quest’ultimo in cui pochi mesi dopo verrà incoronato re il cristiano Stefano I.

In visita all’eremo del Pereo, Ottone chiede a Romualdo, per soddisfare le richieste del polacco Boleslao, di mettere a disposizione missionari da inviare laggiù, e nel contempo fa erigere un monastero accanto all’eremo del Pereo, che viene intitolato a sant’Adalberto (da qui deriva il nome della località odierna di Sant’Alberto).

Per la missione in Polonia si offrono diversi discepoli di Romualdo, e ne vengono scelti due: Giovanni di Ravenna e Benedetto, che proviene da Benevento prima e Montecassino poi. I due per prepararsi studiano la lingua polacca e progettano la fondazione laggiù di un monastero in terra cristiana al confine con quella ancora in mano ai pagani. Giovanni e Benedetto lasciano il Pereo nell’estate del 1001, e in autunno raggiungono la loro meta, dove, con l’aiuto di Boleslao, erigono un monastero a Miedzyrzec, a ovest di Poznan (secondo altre fonti, a Kazimierz sul Warta), e presto raccolgono attorno a sé dei discepoli.

Ottone III

Ottone III

La morte di Ottone III nel gennaio del 1002 provoca difficoltà al loro progetto, perché il nuovo imperatore, Enrico II, già duca di Baviera, muove guerra alla Polonia per sottometterla all’egemonia tedesca. Solo una licenza papale (che i monaci presumono in viaggio nelle mani di Bruno di Querfurt) potrà garantire l’indipendenza e la sopravvivenza della missione che, nata sotto l’egida imperiale di Ottone III, ha ovviamente anche risvolti politici. Siccome Bruno non arriva, Giovanni e Benedetto inviano in Italia, affinché contatti il papa, il novizio Barnaba, che affronta un lungo viaggio pieno di difficoltà. Quando questi, però, a metà novembre del 1003 riesce a tornare al monastero polacco, lo trova vuoto e devastato: poche notti prima, infatti, alcuni predoni lo hanno attaccato e hanno ucciso i suoi cinque occupanti, compresi Giovanni e Benedetto (la Chiesa polacca venera tutt’ora questi cinque «fratelli» come suoi proto-martiri).

5 martiri polacchi

I «cinque fratelli» martiri in Polonia

Bruno di Querfurt, che aveva ritardato la partenza della missione di portare la licenza papale al monastero polacco, con lo scoppiare della guerra indetta da Enrico II si era trovata ogni via preclusa e aveva deviato verso la Germania raggiungendo Merseburgo, zona in cui aveva predicato ed evangelizzato e di cui divenne poi vescovo, promuovendo in seguito un’azione missionaria in Moravia e in Ungheria, laddove poté godere dell’aiuto del già menzionato re Stefano. Quest’ultimo, ricordiamolo, con l’intento di promuovere e sostenere i pellegrinaggi cristiani fondò ricoveri per pellegrini ungheresi a Gerusalemme e, per agevolare quelli diretti a Roma, fondò nel 1003 anche un’abbazia in territorio ravennate intitolandola a san Pietro in Vincoli, nome che poi venne esteso all’abitato sortovi intorno (l’attuale San Pietro in Vincoli, frazione di Ravenna).

Torniamo a Bruno di Querfurt, che dall’Ungheria si spinse fino a Kiev, nel cuore dell’allora Russia, prima di tornare indietro e giungere in Polonia, dove il monastero fondato da Benedetto e da Giovanni di Ravenna sopravviveva grazie a Barnaba, scampato, come abbiamo visto, al massacro perpetrato dai predoni. Da costui raccolse il racconto dell’opera missionaria dei «cinque fratelli» (che poi provvide a scrivere), infine passò in Prussia, raggiunse i confini lituani e qui, insieme a diciotto compagni missionari, venne assalito e ucciso il 9 marzo del 1009.

Martirio

Il martirio di Bruno di Querfurt

Romualdo, quando venne raggiunto al Pereo dalla notizia che era morto anche Bruno, decise di intraprendere di persona nuove missioni evangelizzatrici verso l’Europa orientale. Avutane licenza nella primavera del 1010 da Sergio IV durante un’udienza papale, si mise (già più o meno sessantenne) in viaggio con un gruppo di discepoli, ma giunto ai confini dell’Ungheria, stremato dalle fatiche del viaggio, ebbe un malore e, constatato che le condizioni di salute non gli consentivano di continuare, si decise al ritorno. Gli altri monaci provenienti dal monastero ravennate, invece, proseguirono raggiungendo in due la Boemia, mentre gli altri passarono in Ungheria.

PER APPROFONDIRE

E. Tramontani, Ravenna alle radici dell’Europa, Longo, Ravenna 2001.

Missio ad gentes. Ravenna e l’evangelizzazione dell’Est europeo, a cura di P. Novara, Fernandel, Ravenna 2001

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di RiminiNotizie, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.