Cgil dice no ai gruppi antiabortisti nei consultori, con fondi PNRR: “Regione Emilia-Romagna non dia seguito alla decisione del governo”

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La CGIL Emilia Romagna interviene duramente sull’emendamento, all’articolo 44 del ddl per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con cui il governo ha stabilito che le Regioni possano fare uso dei fondi del PNRR destinati alla Sanità per organizzare i servizi dei consultori  potendo “avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”.

“Così, nonostante solo una manciata di giorni fa il Parlamento Europeo abbia approvato una risoluzione – non vincolante – per inserire l’aborto tra i diritti fondamentali dell’Ue, chiedendo di vietare i finanziamenti ai “gruppi anti-genere e anti-scelta”, ora l’azione dei movimenti cosiddetti pro-vita nei consultori potrà essere direttamente finanziata con le risorse del PNRR” commentano dal sindacato.

“Siamo già in un contesto nazionale in cui 7 medici su 10 sono obiettori e sono anni ormai che subiamo questi attacchi. Nel nostro Paese inoltre ci sono troppo pochi consultori familiari rispetto ai bisogni della popolazione (1 consultorio ogni 35.000 abitanti sebbene siano raccomandati nel numero di 1 ogni 20.000) e spesso, al loro interno, è perfino difficile reperire ginecologi e personale ostetrico – proseguono dalla CGIL Emilia Romagna – . Uno scenario di per sé già problematico che potrebbe subire l’ennesimo scossone in seguito all’eventuale entrata in vigore dell’emendamento governativo, che comunque non costituisce il primo caso in cui si dà il via libera allo stanziamento di fondi pubblici verso le casse delle associazioni “pro vita””

“La Regione Emilia Romagna ha strutturato una rete dei consultori qualificata, peraltro investendo maggiori risorse (proprie) rispetto a quelle destinate dal livello nazionale per migliorarne i servizi – concludono dal sindacato regionale -. Per questo chiediamo alla Regione di non dare seguito a questa decisione sbagliata che sarebbe assolutamente in antitesi con l’approccio che la stessa ha tenuto sul tema dell’autodeterminazione delle donne e, più in generale, sulle politiche di genere”.

 

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