‘Una storia lunga 400 anni’: alla Biblioteca Gambalunga la storia di Rimini tra manoscritti, carte e immagini fotogallery

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“Rimini, cos’è”. Si apre con le parole di Federico Fellini, in bella evidenza su una parete della Galleria dell’Immagine, al piano terra della Biblioteca Gambalunga, la mostra ‘Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni’, evento ideato e curato dalla direttrice della Gambalunga Oriana Maroni, con la collaborazione per la sezione storica dello scrittore Piero Meldini e il contributo di Maria Cecilia Antoni e Nadia Bizzocchi. Una mostra che rappresenta il culmine delle celebrazioni per i 400 anni dell’istituzione fondata per volere del giureconsulto Alessandro Gambalunga alla sua morte, avvenuta il 14 agosto 1619.

La mostra, che sarà visitabile fino al 26 gennaio 2020, sarà inaugurata oggi, venerdì 25 ottobre (ore 17,30), con un incontro nella sala della Cineteca al quale prenderanno parte il sindaco di Rimini Andrea Gnassi e i curatori della mostra Oriana Maroni e Piero Meldini.

IL PERCORSO – RIMINI COS’È

“Rimini è un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro, questo vuoto aperto al mare” scriveva Federico Fellini, nel suo riflettere ed interrogarsi sull’identità della propria città natale nel libro Il mio paese, preparatore di Amarcord. Da questo pensiero, accostato ad una citazione squisitamente cinematografica e riminese – la scena iniziale con Alain Delon del film La prima notte di quiete di Valerio Zurlini – inizia il viaggio a ritroso dentro 400 anni di storia della città. Sulle pareti della Galleria dell’Immagine scorrono le diverse stagioni dell’Otto e Novecento riminese: dall’Ostenda d’Italia agli inizi del Novecento, agli anni ’50 e ’60 quando Rimini era considerata la Miami d’Europa, con l’arrivo delle prime discoteche, i ’70 delle contestazioni giovanili, gli anni ’80 con il successo di Rimini di Tondelli ma anche la grande festa per Federico Fellini per ‘E la nave va’, per arrivare alla cultura dell’eros, alle soglie del Duemila. Stagioni che vengono ripercorse attraverso la proiezione di un montaggio di immagini realizzato utilizzando centinaia di fotografie attinte dall’archivio fotografico della Gambalunga ma anche filmati e video della Cineteca.

Il percorso prosegue quindi nelle Sale antiche, al primo piano dove, nella novecentesca Sala des Vergers, inizia il racconto della Rimini dei secoli XIV e XV, ovvero dal dominio malatestiano, focalizzandosi sul periodo di maggior splendore, quello della signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468). Con codici come la Regalis Historia sulle origini della famiglia Malatesta che aveva la pretesa di discendere da Scipione l’Africano.

Testimonianza preziosissima di questa stagione è l’Astronomicon di Basinio “tra i più importanti intellettuali alla corte di Sigismondo” ricorda lo storico Piero Meldini. Il suo è “un poema sulla volta celeste, scritto in un’epoca quando il rapporto con il cielo stellato era intenso e certamente diverso da oggi”. Splendide le raffigurazioni delle costellazioni, con stelle e pianeti viste dall’immaginazione dell’uomo del Quattrocento. Per la prima volta esposto al pubblico grazie a Crédit Agricole Italia, che lo presta alla Gambalunga, il codice – con dedica a Malatesta Novello, fratello di Sigismondo Pandolfo e signore di Cesena, scritto alla Corte di Sigismondo Malatesta nel 1455 – fu acquistato nel 1992 dalla Cassa di Risparmio di Rimini ad un’asta di Sotheby’s a Londra, ed è entrato a far parte delle Collezioni d’arte di Crédit Agricole Italia.

Stelle e pianeti tornano di nuovo protagonisti nel racconto della Rimini del XVII secolo, ma questa volta per una disputa tutta… astrologica. È un secolo durante il quale si sviluppa una riflessione appassionata sull’identità cittadina. A un anno di distanza l’uno dall’altro, ad esempio, vengono pubblicati il Raccolto istorico di Cesare Clementini (1616) – prima storia generale della città fondata, almeno in parte, sui documenti – e il Sito Riminese di Raffaele Adimari (1617), sorta di zibaldone su Rimini e dintorni. Nel primo si narra anche delle origini mitologiche della città: suoi fondatori sarebbero stati Ercole e Noè. Ma essendo antica convinzione che ogni città avesse il proprio segno zodiacale, e che da questo dipendessero i suoi destini e l’indole dei suoi abitanti, si rese anche necessario risolvere la disputa se Rimini fosse del Cancro o dello Scorpione. Ci si rivolse dunque al parere di Malatesta Porta, cittadino e segretario dell’illustre Comunità di Rimino, che emise il proprio verdetto intorno al segno celeste ascendente della città. Il verdetto dirà Scorpione, che preannuncia incostanza, pigrizia e sensualità.

Non poteva mancare, e autore ne fu Monsignor Giacomo Villani, il libello Ariminensis Rubicon in Caesenam Claramonti (1641), sul tema che solletica l’orgoglio di più di una città romagnola: la localizzazione del fiume attraversato da Cesare.

Tutta da scoprire la sezione Settecentesca, dove domina la figura di Jano Planco (Giovanni Bianchi), fine scienziato ed intellettuale, in contatto con i maggiori intellettuali dell’epoca, a partire da Voltaire. Ma dalla personalità irruenta. Tra le opere in mostra anche Il vitto pitagorico, un libello anti vegetariani in cui Planco se la prende con Antonio Cocchi (1695-1758), “collega” che aveva scritto in favore del regime vegetariano.

Il Settecento è anche il secolo del terremoto che la notte di Natale del 1786 gettò nel panico la città. Del 1787 è l’opuscolo Discorso istorico-filosofico sopra il tremuoto dell’arciprete Giuseppe Vannucci (1750-1819), allievo del Planco, in cui sosteneva la “teoria elettricista”, oggi del tutto superata, che riteneva che i terremoti fossero generati da violente scariche elettriche d’origine atmosferica o sotterranea.

Il percorso nelle sale antiche propone anche l’installazione Ex libris per luci cangianti, a cura di Annamaria Bernucci, realizzata dall’artista visivo Daniele Torcellini che costruisce una sinestesia di segni e forme e colori di luce che vestiranno i libri e i codici e le insegne gambalunghiane di nuove sembianze. Una operazione che dilata l’esperienza della memoria, per rendere omaggio al fondatore della Gambalunghiana, inseguendo una strada allusiva e metaforica attorno ai libri. Il percorso si avvale dell’utilizzo di luci cangianti, riconducibili a un’espressione estrema di astrazione, nell’avvolgente penombra delle stanze antiche, assorbite dal silenzio. Un ponte passato-presente, costruito e fatto di luce, sfidando le leggi della storia.

Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni è una iniziativa del Comune di Rimini, – Biblioteca civica Gambalunga. Progetto allestimento: Cumo Mori Roversi Architetti, Progetto grafico: Enzo Grassi/Colpo d’occhio;

La mostra sarà visitabile da martedì a domenica: ore 16-19 (chiusura 1° novembre, 25 dicembre). Visite guidate gratuite su prenotazione: da lunedì a venerdì ore 9-18; sabato ore 9.30, 10.30, 11.30.

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