Dal congresso dei medici “endocrinologi” a Rimini un chiarimento sui “biosimilari”

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Si aprono oggi, al “Palacongressi” di Rimini, i lavori – che proseguiranno fino all’otto novembre – del congresso nazionale dei medici Endocrinologi dove uno dei temi al centro del dibattito sarà tra appropriatezza e sostenibilità del corretto impiego dei biosimilari.

Secondo Cittadinanzattiva il 41% degli italiani non sa cosa sia un biosimilare. La Regione Emilia Romagna ha già avviato il dibattito con le associazioni dei pazienti sull’utilizzo appropriato dei farmaci biosimilari.

I farmaci biologici, ovvero i farmaci prodotti a partire da cellule viventi, hanno rivoluzionato la medicina rappresentando una speranza per i milioni di pazienti affetti da malattie invalidanti e croniche come artrite, psoriasi, cancro, patologie renali. Diversi sono gli impieghi in ambito endocrinologico per patologie quali il diabete e disturbi legati alla crescita.

 

“In Italia l’utilizzo di questa classe di farmaci non è ancora molto diffuso, il nostro Paese si posiziona dopo Polonia e Spagna: meno del 20% dei pazienti interessati utilizza un biosimilare al posto dell’originator”, spiega Dominique Van Doorne, Responsabile AME Patients Advocacy e Progetto EUPATI (European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation). Attualmente i biosimilari approvati in Italia sono tre: epoteina e filgrastim (stimolatori della proliferazione di globuli bianchi e rossi) e somatotropina (ormone della crescita).

 

I farmaci biosimilari, come i farmaci biologici originatori, presentano una variabilità di sintesi perché all’interno dello stesso ciclo produttivo nessuna molecola è mai perfettamente identica ad un’altra. In pochi sanno che si usa un comparability test, introdotto non per comparare un biologico ad un biosimilare, ma un biologico con un altro biologico. I biosimilari devono dimostrare, con studi clinici appropriati, di avere un profilo di sicurezza ed efficacia simile al farmaco di riferimento. Da una ricerca condotta nel 2014 da Cittadinanzattiva su un campione di 619 pazienti con patologie croniche, solo il 9% dei pazienti è a conoscenza della differenza tra i farmaci biologici e biosimilari.

La maggioranza (oltre il 41%) non sa cosa sia un biosimilare e il 13,8%, invece, ritiene erroneamente che sia il generico del farmaco biologico di riferimento. Circa il 30% sa che il farmaco biologico ha origine da una fonte biologica; ben il 38,6% non sa con certezza se il farmaco che sta assumendo sia biologico o biosimilare. “Uno studio pubblicato a maggio sull’American Health & Drug Benefits sul valore percepito dei farmaci biosimilari, conferma la grande difficoltà da parte dei pazienti di comprendere la differenza di caratteristiche tra biologico e biosimilare e, di conseguenza, se sia possibile passare dall’uno all’altro, afferma Dominique Van Doorne. Su un campione di 3.214 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2 è risultato che il 4% non userebbe mai un biosimilare e il 13% degli intervistati preferirebbe non utilizzarlo. Tra le motivazioni addotte esperienze non soddisfacenti con farmaci generici nel passato, mancanza di fiducia nei farmaci generici, fidelizzazione ad un certo tipo di insulina, precedenti reazioni allergiche, incertezza rispetto alla comparabilità di efficacia e sicurezza. Spesso è solo grazie al confronto con il medico di riferimento che la persona comprende appieno e accetta il nuovo farmaco. Le stesse problematiche sono state riscontrate con l’introduzione dei farmaci generici”.

 

“Non siamo contrari ai farmaci biosimilari ma chiediamo all’AIFA di garantire una stretta sorveglianza dei biosimilari  – afferma Cinzia Sacchetti, Presidente AFADOC Associazione di famiglie di soggetti con deficit Ormone della Crescita e altre patologie – e siamo consapevoli che l’uso dei biosimilari porterà ad un risparmio di risorse sanitarie ma chiediamo che questo non avvenga a scapito della qualità e dei profili di efficacia e sicurezza dei farmaci per i nostri figli”.

 

“Il contributo alla sostenibilità del sistema sanitario legato alla disponibilità di farmaci biosimilari deve essere valorizzato con il coinvolgimento di istituzioni, aziende farmaceutiche, società scientifiche e associazioni pazienti e questo potrà essere fatto migliorandone la conoscenza. Il farmaco biosimilare  – precisa la Dott.ssa Van Doorne – sarà uno dei capitoli di un corso europeo, disponibile dal 2016, rivolto ai pazienti sulla ricerca e sviluppo dei farmaci. Lo sviluppo e l’utilizzo dei farmaci biosimilari – conclude Van Doorne – rappresenta un’opportunità per il Sistema Sanitario Nazionale per soddisfare una crescente domanda di salute”.

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