Adriatico, il mare delle tartarughe: da alcuni anni la presenza di questi rettili marini è aumentata

Si possono vedere durante tutto l’anno, specialmente quando c’è il sole e vengono a respirare in superficie, oppure quando si nutrono ai self service degli allevamenti di cozze

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Le ultime rilevazioni dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) censiscono circa 75mila tartarughe marine nel Mare Adriatico. Che la Romagna sia terra di buon cibo e di pesce saporito lo sanno in tanti, e lo sanno benissimo anche le decine di migliaia di tartarughe marine che ogni anno nuotano per centinaia di miglia per raggiungere l’alto Adriatico compreso tra Ravenna, Trieste e Pola.

Non per deporre le uova, ma per alimentarsi e per nutrire i piccoli. Si tratta infatti di un mare poco profondo, ricco di crostacei, una sorta di self service per le tartarughe marine. Le loro possenti mascelle possono frantumare senza problemi i gusci duri dei granchi, dei ricci di mare, dei bivalvi ma più frequentemente mangiano spugne, meduse, cefalopodi, gamberetti e pesce. In questa zona dell’Adriatico si possono vedere spesso, durante tutto l’anno, soprattutto d’estate, ma anche nei mesi autunnali e talvolta d’inverno. L’Adriatico è certamente un paradiso per la biodiversità dell’ecosistema marino e in questo mare si possono osservare specie animali meravigliose.

“Nell’area tra il Conero e Trieste sono state censite tra le 25mila e le 45mila tartarughe – dice Sauro Pari, Presidente della Fondazione Cetacea Onlus con sede a Riccione –, prevalentemente della specie Caretta caretta, rettili che nascono nello Ionio, nell’Egeo e nel nord Africa e che poi vengono ad alimentarsi nel nostro mare. Si possono vedere soprattutto in estate, oltre le 12 miglia, e specialmente quando c’è il sole. Mangiano alghe, meduse e granchi. Ma sono golosissime anche di cozze e vongole, e per questo motivo una della zone di maggior concentrazione di tartarughe sono le aree in cui sono presenti gli allevamenti di mitili, una sorta di self service per questi simpatici animali”.

Nel 2012 la Regione Emilia Romagna, sollecitata da Fondazione Cetacea, ha istituito una Rete regionale per la tutela delle tartarughe marine: hanno siglato l’intesa anche l’Università di Bologna, l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, le Capitanerie di porto di Ravenna, Rimini e Porto Garibaldi, i Carabineri Forestali, ARPAE Daphne e le diverse fondazioni da anni impegnate nella tutela dell’ambiente, come il Centro ricerche marine di Cesenatico.

La Rete emiliano romagnola è in stretta sinergia operativa con le Reti di Veneto, Marche e Abruzzo per una visione complessiva dell’intero bacino Adriatico sul piano delle problematiche legate alla tutela delle tartarughe marine. “Un’ampia collaborazione operativa, anche grazie alla collaborazione dei pescatori – aggiunge Pari -, ma ci sosteniamo unicamente col volontariato e le donazioni dei privati, compreso il 5 per mille e le adozioni online (‘Adotta una Tartaruga’) delle tartarughe che salviamo”.

Sono diversi, infatti, i problemi in cui incorrono questi meravigliosi, dolcissimi animali marini. Possono finire intrappolati nelle reti dei pescatori o ingerire un sacchetto di plastica credendolo una medusa. E finiscono…all’ospedale. “Il nord Adriatico è un’area di svernamento e di foraggiamento di tartarughe, sia adulte sia giovani – spiega Carla Ferrari, Direttore della Struttura Operativa Daphne dell’Arpae dell’Emilia Romagna – e l’interesse del Ministero Ambiente e Tutela del territorio e del mare, con il coinvolgimento delle Regioni, è rivolto a salvaguardare la tartaruga marina. Pertanto le azioni da mettere in campo sono l’utilizzo di apparecchiature da installare nelle reti a strascico per impedire la cattura accidentale di tartarughe e l’individuazione di aree di tutela in Adriatico per aumentare le aree di salvaguardia. Per quanto riguarda la rilevazione della presenza di plastica, in applicazione al Decreto Strategia Marina stiamo monitorando la presenza di rifiuti sulle spiagge, arrivati a seguito di mareggiate, i rifiuti abbandonati sul fondale marino, in particolare le reti da pesca abbandonate che diventano trappole per pesci, tartarughe e delfini, e anche i rifiuti presenti nello strato superficiale del mare, in particolare il microlitter, cioè materiale solido di dimensioni inferiori ai 5 mm, microplastiche che tendono ad accumularsi preferibilmente sulla superficie del mare”.

“A Riccione – aggiunge ancora Pari – gestiamo l’ospedale delle tartarughe, con 42 posti letto (vasche singole) e che ci costa ogni anno circa 180mila euro tra strutture e cure, compresa la tac. Quando i pescatori o le Capitanerie di Porto ci segnalano una tartaruga in difficoltà la curiamo e poi, se sopravvive la liberiamo ancora in mare. Quest’anno abbiamo curato e poi liberato ben 58 tartarughe, circa 550 negli ultimi dieci anni. Da più di 20 anni Cetacea rappresenta un punto di riferimento per le Capitanerie di Porto e per le autorità e fornisce un servizio che si è talmente radicato sul territorio da essere ormai considerato ‘servizio pubblico’, ma senza nessun sostegno economico che dal pubblico provenga”.

Oltre all’ospedale delle tartarughe, la Fondazione Cetacea gestisce Adria, centro di recupero animali marini e di divulgazione sul mare Adriatico. Il Centro, oltre alle strutture di ricovero degli animali malati o feriti, consta di diverse sale espositive, una sala video, un laboratorio didattico, una sala conferenze e una biblioteca specializzata (http://fondazionecetacea.org). Si tratta di un centro aperto al pubblico che, per la sua specificità, viene inserito anche in pacchetti turistici e didattici come fa Giratlantide, tour operator di Cervia (www.giratlantide.net). “La visita al Centro Adria è ben inserita nei nostri pacchetti– spiega Cristina Pagliarani, direttore tecnico dell’agenzia viaggi – e negli ultimi due anni é aumentato il numero di scolaresche italiane (primarie e secondarie di 1° grado) che hanno scelto per il loro viaggi di istruzione, percorsi di 3 giorni/2 notti che prevedono la conoscenza dell’ecosistema marino costiero”.

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