Cronaca. Duplice omicidio tra riminese e comasco nel 2014: ergastolo per l’albanese Sadik Dine

La decisione della Corte di appello di Bologna dopo 7 ore di camera di consiglio

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Condanna all’ergastolo per Sadik Dine, accusato degli omicidi di Silvio Mannina, trovato cadavere in una cava di Santarcangelo di Romagna, e dell’ex compagna Lidia Nusdorfi, uccisa alla stazione di Mozzate, nel Comasco, tra il 28 febbraio e il primo marzo 2014. È la decisione della Corte di assise di appello di Bologna, arrivata dopo sette ore di camera di consiglio. 

I giudici hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Valter Giovannini di riformare la sentenza di primo grado, a Rimini, quando Dine venne condannato a cinque anni per l’occultamento di cadavere, ma assolto per il duplice assassinio.

Del delitto erano accusati anche il nipote di Dine, l’albanese Dritan Demiraj e la sua amante Monica Sanchi. Il primo, condannato all’ergastolo, dopo un pestaggio in carcere è stato dichiarato incapace di affrontare il processo, mentre Sanchi, condannata a 30 anni e malata da tempo, è morta a inizio febbraio.

Già una prima volta la sentenza di primo grado era stata modificata nel carcere a vita, ma poi la Cassazione l’aveva annullata disponendo un nuovo appello, ritenendo indispensabile risentire Sanchi, di cui, dopo il decesso, sono state acquisite le dichiarazioni. Il pg ha valutato come credibile il racconto della donna e ha analizzato anche gli spostamenti di Dine attraverso i tabulati.

“In questo processo ci sono due vittime innocenti e dei carnefici, non dei semplici assassini. Il movente ancora una volta è stato la gelosia violenta, frutto di amore malato, cancro culturale da estirpare con durezza dalla società”, aveva detto Giovannini nella scorsa udienza.

Il difensore, avvocato Massimiliano Orrù, potrà ricorrere nuovamente in Cassazione.

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