Screening oncologici gratuiti: in Emilia Romagna adesioni alle stelle, +71% rispetto alla media nazionale

Significativa riduzione della mortalità grazie alla diagnosi precoce: nella popolazione target -50% per i tumori della cervice uterina, -56% per tumore al seno e -31% per le forme avanzate di carcinoma mammario

In Emilia-Romagna l’adesione agli screening oncologici per la diagnosi precoce e la cura di alcune delle forme più diffuse di tumore, quelli al colon-retto, al collo dell’utero e alla mammella, supera i livelli pre-pandemia.

Lo dicono i dati monitorati dall’assessorato regionale alle Politiche per la salute e aggiornati al 31 dicembre 2022 relativi ai tre programmi di screening messi gratuitamente a disposizione dal Servizio sanitario regionale. Dati da cui emerge un’ulteriore buona notizia: l’adesione in Emilia-Romagna è per tutti e tre superiore alla media nazionale.

“Il monitoraggio- evidenzia l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini– conferma, oltre al pieno recupero dei numeri, la centralità dei programmi di prevenzione e diagnosi precoce messi in campo dalla Regione. Aderire agli screening oncologici gratuiti è importante, è un segno di attenzione nei confronti della propria salute. Bastano pochi minuti per prenderci cura di noi stessi”.

Per lo screening dei tumori al seno la percentuale di adesione della popolazione target femminile (donne nella fascia di età 45-74 anni), che nel 2021 era del 69%, nel 2022 è salita al 71%; si è passati dal 63 al 65% per lo screening al collo dell’utero (donne tra i 25 e 64 anni), e dal 51 al 53% per lo screening al colon-retto, che coinvolge uomini e donne tra i 50 e i 69 anni.

Numeri in crescita, ma che possono essere migliorati ulteriormente soprattutto per quanto riguarda la prevenzione del cancro al colon retto, che è il secondo per frequenza e mortalità, considerando l’intera popolazione maschile e femminile sia italiana che emiliano-romagnola. Uno screening semplice e indolore, che avviene attraverso il test del sangue occulto nelle feci, e molto efficace: in Emilia-Romagna, da quando è stato introdotto, cioè nel 2005, per chi ha aderito si registra un calo significativo di nuovi tumori e tasso di mortalità sia negli uomini (rispettivamente -33% e -65%) che nelle donne (-21% e -54%). All’invito allo screening, però, c’è ancora un 47% dei destinatari che non risponde, sottovalutando l’importanza della diagnosi precoce.

Sono sempre i dati, infatti, a dimostrarla e confermarla, anche per il tumore al seno e al collo dell’utero: nella popolazione target -40% l’incidenza di tumori della cervice uterina e – 50% la mortalità. Per le donne che aderiscono allo screening mammografico: – 56% la mortalità per tumore al seno e -31% le forme avanzate di carcinoma mammario.

Ridurre sempre più la mortalità, favorire la diagnosi precoce e incentivare la più ampia adesione possibile della popolazione residente e domiciliata in Emilia-Romagna: questo l’obiettivo per il quale continuano a lavorare la Regione e l’intero servizio sanitario.

IL DETTAGLIO

Al test biennale per la diagnosi precoce dei tumori del colon retto – previsto dal 2005 per la fascia 50-69 anni attraverso la ricerca del sangue occulto nelle feci – ogni anno aderiscono quasi 300.000 persone, su una popolazione interessata di oltre 1 milione 300mila tra uomini e donne.

Successivamente, con test risultato positvo (5%), circa 10.500 si sottopongono alla colonscopia di controllo, e in 2.500 persone vengono identficate e rimosse lesioni pre-tumorali a rischio, o tumori.

Considerando l’adesione di poco superiore al 50%, ce ne sono quasi altrettante, ogni anno, che non sanno di avere un tumore o che dovrebbero prevenirlo trattando le lesioni precancerose presenti.

Sono 160.000 le donne che annualmente si sottopongono al test di prevenzione per i tumori del collo dell’utero – effettuato con Pap test triennale nelle donne tra i 25 e i 29 anni e con test Hpv quinquennale tra i 30 e i 64 anni – e circa un migliaio quelle alle quali vengono diagnosticate lesioni pre o cancerose. In Emilia-Romagna il programma riguarda oltre 1.230.000 donne residenti e domiciliate ed è attivo dal 1996 per la fascia 25-64 anni con Pap test e a partire dal 2016 con Hpv
test.

A partire dalle nate nel 1998, grazie alla efficace protezione conferita dal vaccino, le ragazze vaccinate contro HPV con almeno due dosi ricevute prima del compimento dei 15 anni, iniziano lo screening dai 30 anni. Proprio in queste settimane è partita la campagna di comunicazione rivolta a loro, con il programma rimodulato perché le donne vaccinate contro il Papilloma Virus con almeno due dosi, entrambe somministrate prima del compimento dei 15 anni, hanno un bassissimo rischio di sviluppare prima dei 30 anni un tumore invasivo della cervice uterina, che resta un evento raro anche dopo questa età.

Alcuni dettagli: tra coloro che eseguono l’Hpv test, una donna su 12 risulta positiva, ma solo meno della metà (40%) viene invitata a eseguire una colposcopia di approfondimento, in quanto è positivo anche il test di triage (Pap test). Tra le donne sottoposte a questo esame, emerge la presenza di una lesione in una ogni cinque. Fortunatamente, la maggior parte di queste lesioni è ancora nella fase precancerosa: il programma rileva circa una lesione precancerosa ogni 132 donne e un tumore ogni 5.000 donne che aderiscono allo screening.

Infine, sono 350.000 le donne che si sottopongono a mammografia, con cadenza annuale per la fascia 45-49 anni e biennale tra i 50 e i 74 anni; circa 20.000 eseguono gli approfondimenti che permettono di identificare un tumore al seno in oltre 2.000 donne.

A conferma che, nell’ambito delle politiche di prevenzione, gli screening oncologici rivestono un ruolo centrale e sono un esempio di reti integrate, gestite in Emilia-Romagna con un approccio multidisciplinare e multiprofessionale che accompagna la persona in tutte le fasi del percorso: dalla diagnosi fino al trattamento e follow up per le lesioni precancerose.

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