Sigismondo Pandolfo Malatesta. Ecco l’inventario di Isotta

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Chi era Sigismondo Pandolfo Malatesta e, soprattutto, cosa raccontano gli oggetti personali a cui maggiormente teneva, raccolti e conservati nelle stanze di Castel Sismondo nel corso di una lunga e avventurosa vita? Ad aprire il velo su questa parte più intima e meno conosciuta di colui che fu Signore di Rimini e indiscusso protagonista del Rinascimento sarà d’aiuto l’inventario dei beni mobili di Castel Sismondo redatto dalla vedova di Sigismondo, Isotta degli Atti, a soli quattro giorni dalla morte di quest’ultimo avvenuta il 9 ottobre 1468. 

Una presentazione del restauro del prezioso documento promosso dal Lions club Rimini-Riccione Host, che sarà raccontato al pubblico per poi rimanere in esposizione nel corso dell’incontro promosso dal Comune di Rimini domani 9 ottobre 2018, alle ore 18 nel

Un momento che meglio non poteva concludere le celebrazioni Malatestiane che con decine di iniziative hanno preso avvio il 19 giugno 2017, 600° anniversario della nascita, e che avrà un preludio nella mattinata del 9 con un momento celebrativo che partirà alle ore 11 da Castel Sismondo quando un cavallo senza cavalcatura, ma tenuto per le redini, che procederà fino al Tempio Malatestiano per deporre una corona sul sepolcro di Sigismondo Pandolfo.

L’“inventario di Isotta” è una preziosa ed unica testimonianza sulla corte malatestiana raccontata attraverso le cose di Sigismondo proveniente dalle filze del notaio che lo aveva redatto, delle cui vicende e contenuti parleranno Gianluca Braschi, direttore dell’Archivio di Stato di Rimini, Oreste Delucca, Valerio Bruno, restauratore. Perduti gli archivi della corte dei Malatesta della nostra città infatti, i pochi documenti superstiti sono da cercare fra gli atti notarili dell’immenso fondo conservato presso l’Archivio di Stato di Rimini. Del notaio chi viveva nel Medioevo si serviva quasi quotidianamente per dare ufficialità ad accordi, garantire la certezza della prova.

Tra gli atti notarili compilati dai notai di fiducia della famiglia Malatesta è giunto fino a noi il cosiddetto “inventario di Isotta”, un atto di quelli detti anche post mortem e, a Rimini, infra quintam diem, perché andavano compilati dalla vedova o dagli eredi entro 5 giorni dalla morte del marito o pater familias.

Si tratta dunque di un elenco di beni mobili che si presenta in formato cartaceo, molto sbiadito e deteriorato per essere stato molte volte sfogliato e consultato. Non è un “bel documento”, vale a dire non si presenta eccezionale tra le migliaia di atti notarili riminesi del medesimo periodo, ma il suo contenuto è senz’altro importante per capire meglio chi era Sigismondo, quali erano i suoi interessi, il suo stile di vita e le relazioni intessute durante la sua vita professionale e privata di cui nelle sue cose è rimasta traccia. E’ così possibile avere un’idea dell’organizzazione del castello, del nome delle sue stanze, della loro destinazione d’uso e dei loro arredi, sapere di quali volumi constava la sua ricca biblioteca privata, scorrere l’elenco dei preziosi vestiti del suo guardaroba, “vedere” il suo sigillo, riposto con un paio di medaglie.

“L’inventario non è soltanto uno sterile elenco di oggetti – dice la curatrice Elisa Tosi Brandi che ha curato l’iniziativa in collaborazione con l’Archivio di Stato di Rimini – ma va visto come un’istantanea fotografica che restituisce ciò che in una vita Sigismondo aveva commissionato, acquistato, consumato e selezionato per essere ricordato: così le sue armi, le sue tende da campo con tutti gli arredi che lo avevano accompagnato nelle lunghe assenze da Rimini sul fronte militare; così le bandiere e gli stendardi con le insegne e i colori delle potenze italiane per cui aveva lavorato distinguendosi come uno dei migliori capitani della sua epoca. Ma dall’elenco degli oggetti ricaviamo informazioni curiose come alcuni oggetti che rimandano o addirittura provengono dall’Oriente, che ci parlano di interessi e curiosità molto radicate nel signore di Rimini.”

Di questo si parlerà anche nella giornata di studi del Festival del Mondo Antico dedicata a “Sigismondo Malatesta fra Occidente e Oriente” che avrà luogo sabato 13 ottobre, esattamente a distanza di 550 anni dalla data di redazione dell’inventario di Castel Sismondo.

L’inventario di Sigismondo rimarrà in esposizione nella sala del Bellini del Museo della Città fino al 25 novembre 2018.

SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA
Nato a Brescia il 19 giugno 1417 sotto il segno zodiacale del cancro (il calendario giuliano era indietro di dieci giorni rispetto al nostro), Sigismondo Pandolfo era figlio di Antonia da Barignano e Pandolfo III. Divenne signore delle città di Rimini e Fano nel 1432. Nonostante sia ricordato come uno dei più grandi sconfitti della storia, Sigismondo ebbe una vita costellata da successi e fama, soprattutto da quando nel 1435 divenne capitano generale delle milizie papali e successivamente delle principali potenze italiane. Tra le vittorie sul campo di battaglia si ricordano quella di Monteluro del 1443, che costò la sconfitta a Niccolò Piccinino, quella di Piombino del 1448, dove piegò in un sol colpo aragonesi e Federico da Montefeltro. Le stesse qualità che gli fecero guadagnare consenso e prestigio personale, contribuirono a segnare il suo declino politico, reso più precario dalla nuova politica papale. La pazienza non era infatti tra le doti di Sigismondo che non fu in grado di far coincidere i propri interessi con quelli più generali, trovandosi in una situazione di isolamento a cui tentò di reagire con le armi. Papa Pio II rispose con la scomunica, a cui nel 1462 il Malatesta fu condannato, enfatizzata dal rogo della sua effige, un inedito trattamento a cui nessun papa aveva mai fatto ricorso fino ad allora. Fino all’ultimo Sigismondo non si diede per vinto, continuando a prendere parte a campagne militari e alla crociata promossa dal papa in Morea tra il 1464 e il 1466, anno in cui tornò nei suoi domini consapevole di non aver margini di ripresa. Sigismondo morì il 9 ottobre 1468 a 51 anni con un unico pensiero, quello di portare a termine il Tempio malatestiano, il monumento che avrebbe dovuto immortalare la sua fama in eterno, degno testimone della forza della sua mente e del suo cuore.

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