Oltre 60 mostre alla 6^ edizione di Semplicemente Fotografare Live, a Novafeltria

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Sono oltre sessanta le mostre fotografiche della VI edizione di Semplicemente Fotografare Live, il festival di Novafeltria (Rimini) in partenza il 20 settembre. Cresce l’attesa per le mostre al centro del programma: i lavori di Francesco Cito, Francesco Comello e Simone Cerio suscitano curiosità e preannunciano vivaci confronti con gli autori.

 LE MOSTRE DI SEMPLICEMENTE FOTOGRAFARE LIVE 2019

Le mostre, oltre sessanta, saranno aperte al pubblico dalle ore 18 del 20 settembre e poi dalle 9 alle 19 nei giorni di manifestazione. È inoltre possibile visitarle, su appuntamento, anche negli altri giorni. Tra le molte mostre di alto livello, ne segnaliamo alcune che, per valore artistico e forza documentale meritano senz’altro una visita e la partecipazione al Live.

FRANCESCO CITO | Il muro

Francesco Cito, uno dei più noti e anticonformisti fotoreporter italiani, torna al Live con un incontro col pubblico e un’importante mostra intitolata ”Il muro” Il muro cui fa riferimento Francesco Cito è quello che separa tocca il villaggio di Jayyus, a nord della Cisgiordania. La sua storia risale al 2002, quando il primo ministro israeliano Ariel Sharon annunciò la costruzione di una barriera di separazione fra Israele e la Cisgiordania.

Visto dall’obiettivo di Francesco Cito questo muro è, in un certo senso, l’emblema di tutte le segregazioni.

Con il suo lavoro, infatti, egli desidera provocatoriamente attirare l’attenzione sui diritti dei Palestinesi e sulle settanta barriere, muri (erano 17 nel 2001), costruiti in tutto il mondo per chiudere i confini, fermare i migranti o nascondere la povertà. Mentre il mondo torna a polarizzarsi tra chi ha e chi non ha, e i legami di solidarietà sembrano allentarsi definitivamente, Francesco Cito conferma la sua fama di militanza riproponendo qui due dei temi a lui più cari: i diritti dei Palestinesi e i muri (fisici o virtuali) che separano i privilegiati dalle masse dei diseredati.

SIMONE CERIO | Lo spazio tra di noi

RELIGO, è il più recente progetto a lungo termine del fotografo documentarista Simone Cerio: una mostra ideata per creare una connessione diretta e accessibile tra le comunità LGBT credenti italiane e internazionali. Nel corso di 5 anni di ricerca sono stati raccolti materiali audio, video, foto e documenti con la finalità di offrire una visione approfondita sul tema.

Un viaggio tra le comunità LGBT credenti italiane, con lo scopo di analizzare il tema dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere all’interno delle Chiese Cristiane. Un progetto finanziato dall’Associazione Cammini di Speranza tramite il supporto di Open Society Foundation. Chi si sente isolato o escluso può trovare all’interno della mostra storie personali in cui immedesimarsi, approfondimenti da leggere e visioni di esperti da ascoltare. 

Foto Comello

FRANCESCO COMELLO | Yo Soy Fidel, una mostra, un libro

28 novembre – 4 dicembre 2016 si svolgono a Cuba i funerali di Stato di Fidel Castro, il Lider Maximo. Francesco Comello, fotografo freelance friulano è presente. Conquistato dallo spirito del popolo cubano ci torna due mesi più tardi. Questa volta sulle tracce lasciate da un noto giornalista italiano, che a Cuba visse gli anni della rivoluzione, dalla crisi dei missili agli anni delle rivolte studentesche e operaie europee. Saverio Tutino invia articoli e reportage e scrive libri da Cuba, ma a Comello interessano le tracce che Saverio Tutino lascia nelle lettere a sua figlia Barbara, che a dieci anni considera Cuba una seconda patria, perché ci abita il suo papà. Per i suoi diciotto anni, finalmente Saverio accompagnerà Barbara a Cuba, dove una realtà meno idilliaca del suo immaginario non basterà a scalfirne il mito. In questo viaggio Saverio Tutino presenta la giovane figlia ai suoi amici cubani, in particolare a Norberto Fuentes, il maggiore scrittore cubano vivente. Dall’incontro tra queste persone sulla scia della memoria, scaturisce il presente volume, fatto di sguardi diversi che bucano il tempo fondendosi nei magistrali scatti di un grande fotografo.

LORENZO ZOPPOLATO | Cronache immaginarie di un domatore di cavalli

Queste immagini sono un racconto fotografico nel quale Zoppolato narra le vicende visionarie di un domatore di cavalli. La realtà si mescola con l’immaginazione e le fotografie sono il mezzo per accedere a questo immaginario.

Molti sono i luoghi di questa rappresentazione surreale nella quale, come in una finzione di Borges, Zoppolato evoca situazioni della quotidianità per raccontare le vicende del domatore di cavalli. L’autore cercava non un luogo, ma un teatro di vita quotidiana nel quale evocare il proprio immaginario per distillare così situazioni e raccontare questa figura sognata da sveglio in molte notti insonni.

PASQUALE (PAS) LIGUORI | Borgate

L’indagine fotografica che da anni conduco nelle cosiddette borgate ufficiali di Roma si aggiorna alla luce di recenti studi che stimolano il progetto “Borgate” a esplorare nuovi percorsi, con nuove modalità. Fondamentali sono stati gli studi di appassionati e insigni studiosi quali Italo Insolera, cui si deve l’ampio patrimonio di conoscenze sin qui consolidatosi. Nuove indagini storiche e urbanistiche dimostrano, però, quanto sia parecchio più articolato e complesso il contesto in cui venne a maturarsi la nascita delle borgate a Roma per volontà del regime fascista.

In particolare, recenti studi hanno capillarmente evidenziato come le precedenti ricostruzioni storiche, sociali e di pianificazione urbana fossero di fatto gravate da consistenti approssimazioni. Tali risultanze sono state possibili grazie anche all’accesso a fonti e documenti sinora inesplorati e/o sconosciuti.

La prima incongruenza rilevata, ad esempio, è nel numero stesso delle borgate: ben diciannove e non dodici come ormai è erroneo sostenere. Inoltre, nei nuovi studi pubblicati vengono profondamente rivalutati, dimostrandoli, i fatti politici e sociali alla base dei provvedimenti istitutivi delle borgate. Sicché appare oggi abbondantemente riduttivo e impreciso parlare di nascita delle borgate rapportandola unicamente agli sventramenti del centro cittadino di Roma.

Evidenze così rilevanti, unite all’esigenza di un approccio allo studio della trasformazione urbana più analitico e slow, costituiscono i pilastri della scelta da me adottata di fotografare con approccio analogico, utilizzando pellicola piana per grande formato.

La parola BOrgate, si faccia caso, inizia con quel BO che sembra offrire l’arbitraria ma spontanea possibilità di associarlo alla funzione di acronimo per cui BO= Banco Ottico. È con tale apparato strumentale che ho deciso di condurre la nuova indagine. Come noto, un approccio complesso, per il quale il livello di dedizione fotografica, analisi e studio risultano amplificati.

Viaggiando tra i luoghi delle diciannove borgate ufficiali di Roma, si scorgono strutture e assetti edilizi ben conservati o su cui si sono venuti a sovrapporre altri strati urbani. Vi sono contesti completamente trasformati o persino svuotati di quello che fu, specie per quegli agglomerati che vennero concepiti senza criteri di solidità e scandalosi per la loro invivibilità.

Il resoconto può suscitare una moltitudine di emozioni dove degrado e disagio, che pure non sono taciuti, non sono però i protagonisti assoluti della scena, dando spazio anche a riflessioni più articolate sulle opportunità, sulle azioni da condurre in comune in questi fondamentali e spesso anche attraenti pezzi di città.

Quello che mi sta a cuore è in definitiva un documento capace di stimolare progressiva consapevolezza civica, attiva e reattiva, per una città migliore.

STEFANO PIA | Non è l’America

Anche qui, nelle campagne nostrane possiamo trovare pietre e cavalli e la scarsa densità di popolazione della Marmilla in provincia di Oristano, amplifica gli spazi dove una coppia gestisce una piccola azienda agricola nei pressi di Mogoro. Come in ranch del lontano ovest, anche qui la vita è fatta di lavoro e gli animali fan parte della famiglia. Così quando li vai trovare hai proprio la sensazione che il paesaggio, i volti, perfino il loro modo di fare, rompendo le barriere dello spazio e del tempo, ti abbiano risucchiato in una fattoria del vecchio West. Ma questa non è l’America (dalla presentazione di Sandro Iovine).

CRISTIANO VASSALLI | C’ero una volta in America

Alla fine del 1977 ho venduto tutti i miei pochi averi – mobili, dischi e qualche libro – e ho tentato il grande viaggio: la meta era Big Sur, nella California meridionale: lì viveva Henry Miller e io avevo un sacco di cose da chiedergli.

Cinque mesi è durato quel viaggio, coast to coast e da Nord a Sud: un viaggio di formazione. In mente, di sicuro, avevo due obiettivi: ripercorrere on the road i miei miti della Beat generation, fino all’incontro culmine con Miller, e provare a sfondare come fotografo nella Grande Mela.

L’Europa mi mancava e, più mi addentravo negli States, più scoprivo quanto mi piacesse essere europeo. Del resto, on the road, avevo incontrato molti dei miei eroi. Dei 18 rullini di fotografie scattate, però, ne ho salvati solo 5: proprio prima di partire ho perso lo zainetto in cui si trovavano insieme al quaderno degli appunti.

A casa, ho fatto i provini di quelle foto superstiti e ne ho poi ingrandite solo alcune: aspettavo il momento giusto per ritornarci con calma. E il momento giusto è arrivato solo poco tempo fa, dopo più di 30 anni.

A suggellare la mostra, c’è un’unica fotografia scattata in Italia nel ’79: riprende Ginsberg e Peter Orlowsky con Fernanda Pivano, a Castelporziano, durante il Festival internazionale dei Poeti.

A lei, a Fernanda Pivano, grazie alla quale abbiamo potuto leggere ed apprezzare i formidabili poeti di quegli anni, la mostra è dedicata.

JUAN BORGIA | Natura Morta

Natura Morta è il nome semplice con il quale Juan Borja presenta le fotografie della sua ricerca sulle forme della vita. Non soltanto fotografie in bianco e nero, ma soprattutto questo. Borja si rifà ad una lunga tradizione di studio delle forme e della rivelazione dell’inaspettato nel noto. Sono fotografie che rivelano una grande sensibilità e capacità espressiva, esaltata dalla ricerca sulle tecniche di stampa, scandagliate e sperimentate per trovare quella che meglio esprime il senso degli scatti.

FEDERICO MOSCHIETTO – Un Viaggio non è soltanto un viaggio

Un racconto fotografico nato da un viaggio incredibile attraverso buona parte del continente australiano effettuato fra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, in costante movimento.

Ne esce un interessante lavoro fotografico nel quale si mischiano lo stupore di fronte a un mondo nuovo e uno stile coerente con le emozioni di quella novità.

Per dirlo con le parole di Moschietto, “Un viaggio non è solo un viaggio, il viaggio è immagini, visioni, situazioni, persone, vita. Il viaggio è scoprire un luogo attraverso il nostro sguardo fatto di tutte quelle immagini, visioni di sogni immaginari, persone conosciute, insomma tutta la nostra vita attraverso i luoghi e le vite di altri. Non vi è pretesa di essere esaustivi né di raccontare un viaggio. Vi è solo la voglia di restituire una sensazione, fatta di immagini, di suggestioni, attraverso i colori di questa terra meravigliosa”.

DOMENICO TATTOLI | Sguardi Intimi

Oserei definire questo racconto fotografico un vero e proprio percorso introspettivo che ha accompagnato il fotografo per tutta la durata del viaggio consentendogli di raccontare in modo esemplare un’India diversa, un’India fatta di contraddizioni, un ‘India “ difficile”.

Questo lavoro fotografico ci propone da un lato un’India attenta e rispettosa delle sue regole ,dei suoi riti, delle sue tradizioni, dall’altro una nazione che di regole ne viola tante quasi relegando l’essere umano ai margini della società.

Questo lavoro fotografico ci propone da un lato un’India attenta e rispettosa delle sue regole ,dei suoi riti, delle sue tradizioni, dall’altro una nazione che di regole ne viola tante quasi relegando l’essere umano ai margini della società.

GREGORIO SORAVITO | BE京jing

BE京jing è un progetto fotografico che prende piede a Pechino nel Maggio 2016 (北京 : Bei (北 – Nord), jing (京 – capitale ). È un reportage sui pechinesi incontrati per strada, per lo più operai, guardiani, controllori, commercianti, pony express. E’ una testimonianza che si dipana lungo la quotidianità di una città in perenne rinnovamento, intenta a trasmettere oltre i gesti e le espressioni una personalità sia individuale che collettiva.

BE京jing, “essere capitale”, riflette soprattutto riguardo la “working class”, “flessibile” e a basso costo, spesso interrogandosi su dittatura, diritti, sogni, economia, consumismo, tradizione, era digitale.

YAFIT TAMIR CALDERONI | Hotel House

L’Hotel House è un edificio residenziale situato a Porto Recanati (MC). Strutturato in 17 piani e 480 appartamenti, con una pianta a croce, al suo interno vive un sesto della popolazione del Comune.

Il palazzo ospita circa 2.000 persone che raddoppiano nel periodo estivo ed ha una forte connotazione multietnica: il 90% degli abitanti è infatti di origine straniera, rappresentando 40 nazionalità diverse. Anche a causa di questa concentrazione, il 21,9% della popolazione di Porto Recanati è straniera, percentuale massima nelle Marche e tra le maggiori in Italia.

Ad oggi questo edificio è noto alla popolazione locale come un luogo decadente, dove le attività illecite sono la primaria fonte di sostentamento per molti.

Il luogo, superate le sue funzioni turistiche originarie, ha gradualmente perso valore immobiliare ed è stato acquistato da famiglie e lavoratori in prevalenza stranieri.

Un graduale degrado dell’area è degenerato nel mancato pagamento dei servizi idrici e dell’energia elettrica, generando difficoltà sociali, razionamento dell’acqua potabile, problemi di igiene ed una successiva interrogazione al Parlamento europeo.

A causa di infiltrazioni inizialmente camorristiche, e in seguito delle nuove mafie etniche, per lo spaccio di droga prevalentemente nelle ore notturne, il quartiere è stato al centro di eventi di cronaca nera.

L’edificio-quartiere, per la sua condizione di agglomerato multiculturale in un territorio contenuto, è stato oggetto di studi e pubblicazioni di carattere sociologico. Per le sue dimensioni e l’impatto sull’ambiente rivierasco, l’edificio è stato anche definito ecomostro.

Il lavoro di Yafit Tamir Calderoni nasce dalla ricerca di una visione più umana all’interno dell'”Ecomostro”, che non rappresenta soltanto miseria e degrado.

Alla mostra è abbinato “Invisibili”, un video di circa sei minuti, che mostra scene di vita quotidiana all’interno dell’edificio, fotografie riprese

ENZO MEMOLI | Le ferite del Kosovo

Le ferite del Kosovo – Tra il gennaio e l’aprile 2003 Enzo Memoli ha partecipato alla missione della Nato denominata KFOR in forza al 1° R.O.A. dell’Aeronautica Militare presso l’aeroporto di Dakovica.

I segni della guerra finita da poco più di tre anni erano ancora molto tangibili, distruzione e rovine dappertutto, per le strade fuori dalle città c’erano molte tombe, da semplici sepolcri a veri e propri mausolei in onore dei caduti in guerra. La povertà e le privazioni da parte della popolazione locale erano molto evidenti, soprattutto in quei primi mesi dell’anno dove spesso scendeva copiosa la neve.

Con l’arrivo della primavera anche la vita quotidiana lentamente sembrava voler tornare alla normalità.

Nei suoi scatti, Memoli ha cercato di documentare tutto questo, per testimoniare al meglio quanto atroce possa essere una guerra e per custodire la memoria nel tempo.

Le fotografie della mostra sono in formato polaroid ricavate da scansione dia.

SILVIA PASQUAL | Maden

Silvia Pasqual racconta di Maden, un luogo incantato lontano vicino alla civiltà ma, in fondo, ancora lontano da essa.

Maden è un villaggio di 170 abitanti situato a 2.000 metri di altitudine, al confine tra Turchia e Georgia. Un luogo tanto poetico per il paesaggio in cui è immerso, quanto difficile per la vita quotidiana. Le due ore di strada sterrata che lo separano dal primo centro abitato lo rendono piuttosto isolato, soprattutto nella stagione invernale. La vita segue ritmi lenti, le attività principali sono la pastorizia e l’agricoltura. La maggior parte delle persone che vivono a Maden sono anziane. Uomini e donne legati fieramente a questo luogo, incapaci persino di concepire l’idea di abbandonarlo Nelle sue visite Pasqual vi ha incontrato pochi giovani: molti, spinti dalla ricerca di un lavoro, se ne sono andati verso le città. Ma ci sono dei bambini che, sognatori per natura, si godono ancora questo piccolo angolo di mondo.

LETIZIA ROSTAGNO | Lived. Live. Will Live

Sulla permanenza della memoria …. tra genetica e storia, identità personali e identità sociali ….

Serie di autoscatti, 2018. Dodici stampe fotografiche ai sali d’argento su carta baritata, diverse misure, montate su cornici vintage.

E’ la naturale prosecuzione del precedente e similare progetto, focalizzato sulla I Guerra Mondiale e che aveva per tema appunto la guerra e la ricerca/presa di coscienza della cattiveria da cui ognuno di noi è abitato, a dispetto di quello che crediamo di essere.

In questo caso il focus è sulla II Guerra Mondiale e gli anni ’40. L’artista è l’interprete di una messa in scena che vuole indagare questa volta la memoria collettiva. Alla disperata voglia di un’identità, che si sente perduta o confusa, attestata dal dilagare dei selfie e da una serie di comportamenti e modi di pensare, si contrappone la messa on stage di un passato del quale si vuole mantenere e riproporre consapevolezza, perché – citando il titolo di un recente libro – Domani viene da ieri e se ne perdiamo memoria perdiamo anche noi stessi.

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