Monitoraggio dei commercialisti riminesi sul carico fiscale che grava sul lavoro dipendente

Quest’anno sotto la lente anche il lavoro autonomo. Si lavora anche 229 giorni l’anno per pagare le tasse

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A distanza di un anno, la Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini torna ad indagare il reale impatto dell’imposizione fiscale sui redditi dei lavoratori, italiani e riminesi. Rispetto allo scorso anno, la Fondazione ha esteso l’analisi alla pressione fiscale sui redditi da lavoro autonomo.

In generale, anche quest’anno lo studio mette allo scoperto la ‘bugia fiscale’ che vuole, nella classifica della “pressione fiscale ufficiale”, l’Italia al quinto posto in Europa con il 43,5%, mentre in quella della “pressione fiscale effettiva” è assolutamente prima con il 52,2%, distanziando di oltre 2 punti percentuali la seconda, rappresentata dalla Danimarca.
Per analizzare il reale impatto del fisco, lo studio ha inventariato le oltre 100 tasse esistenti in Italia e le ha ‘incrociate’ con gli stili di vita e le ipotesi di consumo desunte da dati ISTAT, allo scopo di individuare il carico fiscale ‘inconsapevole’ a cui i cittadini sono quotidianamente sottoposti.
“Ciò che lo studio rileva – commenta il Prof. Giuseppe Savioli, Presidente della Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini – è una pressione fiscale che umilia le persone ed il loro lavoro. Ai redditi da dipendenti, abbiamo aggiunto quest’anno una rilevazione sull’impatto del fisco su un reddito da lavoro autonomo. Ne esce un quadro ancor più deprimente, nel quale è impossibile trovare qualsiasi motivazione per accollarsi il rischio dell’avvio di nuove attività imprenditoriali”.
Lo studio dei commercialisti riminesi, continua con tre “casi tipici”, quelli di un ipotetico contribuente “Mario”, “Giovanni” e “Marco”.
“I nostri ‘contribuenti tipo’ – spiega lo studio – risiedono nel Comune di Rimini, il loro nucleo familiare è di tre persone. Le mogli fiscalmente non sono a carico poiché percepiscono redditi superiori a 2.840,25 euro; l’unico figlio frequenta l’università e possiedono un’autovettura di media cilindrata (1.400 cc). Sono proprietari della casa dove risiedono ed hanno discrete capacità di risparmio (10%) del reddito prodotto annualmente. Pertanto la capacità di spesa del nucleo familiare in esame ammonta a 16.380 euro per Mario e 31.500 euro per Giovanni”.
Poi lo studio si addentra ad analizzare la posizione del primo contribuente: “Mario (reddito netto 18.200 euro: 1.300 x 14 – reddito lordo 24.500 euro) è un impiegato con un reddito medio mensile netto in busta paga di 1.300 euro. La pressione tributaria complessiva che deve sopportare supera il 51%. Ciò significa che un dipendente con un reddito spendibile di circa 1.300 euro mensili lascia ogni anno allo stato (e agli altri enti impositori) 12.600 euro circa. Mario devolve per prelievi fiscali ben 1.050 euro al mese del proprio reddito, mantenendo per sè e la propria famiglia solo 990 euro circa. Quindi Mario lavora ben 188 giorni all’anno del proprio tempo per pagare le imposte e solo il resto per avere reddito spendibile. Lo scorso anno i giorni erano 187. In altri termini Mario lavora sino a luglio inoltrato per pagare il fisco”.
Ecco l’analisi sul secondo contribuente: “Giovanni (reddito netto 35.000 euro: 2500 x 14 – reddito lordo 56.336 euro) è un dipendente con mansioni più qualificate, ha un reddito medio mensile netto in busta paga di 2.500 euro. La pressione fiscale nel suo caso sfiora invece il 55% (54,49%). Del suo reddito spendibile di circa 2.500 euro mensili, lascia ogni anno allo Stato (e agli altri enti impositori) circa 30.700 euro. Significa che Giovanni devolve, per prelievi fiscali, circa 2.560 euro al mese del proprio reddito, mantenendo per se e la propria famiglia solo 2.140 euro. Giovanni lavora ben 199 giorni all’anno per pagare le imposte. Lo scorso anno i giorni erano 202. In altri termini Giovanni lavora sino al 20 luglio per pagare il fisco”. Marco (reddito netto d’impresa: 24.500 euro).
Nello studio della Fondazione quest’anno entra Marco, piccolo imprenditore. “A fine anno Marco ritrae dalla propria attività un reddito netto (utile d’impresa) pari a quello di Mario: 24.500 euro. Assumendo le stesse ipotesi di consumo, con pari reddito disponibile emerge come la pressione fiscale complessiva giunga al livello ‘monstre’ del 62,7% (circa due terzi!). Ciò significa che il reddito spendibile si riduce al 37,3% del reddito lordo ritraibile dall’attività lavorativa e Marco ogni mese lascia allo stato 1.280 ero, potendo destinare ai propri consumi personali solo 761 euro. Marco lavora ben 229 giorni all’anno del proprio tempo per pagare le imposte e solo il resto per avere reddito spendibile. In altri termini Marco lavora sino al 20 agosto per pagare il fisco. 

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