Vasco Errani lascia il PD: “Comincia una nuova avventura ma ci ritroveremo”

Folta e appassionata l'assemblea della Strocchi. Molti i militanti in bilico, che non sanno ancora decidere se restare nel PD o andare via come Vasco Errani

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Vasco Errani se ne va. La conferma è arrivata oggi. Lascia il PD che aveva contribuito a fondare 10 anni fa, perchè lui “ci aveva creduto a quel progetto“. Lo fa con garbo, con passione, senza rancore, con una bella lezione di buona politica davanti a due-trecento persone assiepate nella storica sezione Strocchi, la sua sezione. Lo fa dicendo a chiare lettere che non se ne va per ragioni di leadership o di date di un congresso o di statuto, se ne va perché il “progetto del PD di far nascere una nuova cultura politica di centrosinistra è sostanzialmente fallito.

 

Ma siccome il gruppo dirigente del PD attuale non vuole ragionare di questo fallimento, lui si vede costretto a uscire e a imboccare un’altra strada. Sottolinea con forza che non capisce più dove Renzi voglia portare il PD e aggiunge “non sono disponibile a percorrere una strada per andare in un posto dove non voglio andare”. Insomma, Vasco Errani si mette in movimento per un nuovo progetto e per una nuova sinistra, che rappresenti chi oggi è escluso e non rappresentato, ma non un nuovo partito, “non lo voglio fare e non lo farò”, dice.

 

Il PD discute del nulla o si scinde sul nulla? Come dichiara dalla California – con scarsa eleganza – l’ex segretario del partito Matteo Renzi. Qui la sostanza a onor del vero c’è tutta. Nel catino della Strocchi stracolmo, c’è realtà concreta, c’è un pezzo di popolo, e soprattutto va in scena in un sabato pomeriggio di fine febbraio tutto il dolore, lo smarrimento, lo psicodramma dei militanti del Partito Democratico che non capiscono più il loro partito e il loro leader, che non sanno se restare o andare via, che sono con il cuore fuori e con la testa dentro, perchè non sanno dove andare a sbatterla quella testa. Letteralmente.

 

 

 

Ma veniamo alla cronaca della giornata. Annunciata con grande clamore mediatico dopo la scelta di Errani di venire qui a spiegare le ragioni di un probabile addio, l’assemblea degli iscritti e militanti autoconvocati della Strocchi diventa ben presto l’assemblea di Errani e di un amore ferito ma non spezzato. Ci sono anche le tv e tanti giornalisti. Pacche sulle spalle, baci, abbracci. Occhi lucidi e voci strozzate. È una storia collettiva che va in pezzi, qualunque cosa succeda. E sono tante storie personali in grandissima sofferenza. Molti sperano che Errani – almeno lui – ci ripensi, che ci sia un colpo di scena finale. E provano a dirglielo in tutte le maniere. Ma lui tiene il punto, fino alla fine. Perché il problema non è solo o tanto Renzi, il problema è il fallimento di un progetto. E lui da lì vuole cominciare e ripartire. Da un’altra parte, perché dentro il PD non è più possibile. Magari con la gente del PD, quello sì, e a quella gente dice – “ci ritroveremo, ne sono sicuro” – ma non più dentro la struttura del PD. Non c’è più spazio. 

 

A Roma, Bersani e gli altri hanno annunciato un movimento, non un partito, che si chiamerà Democratici Progressisti, DP. È PD all’incontrario, basta solo invertire le lettere dell’acronimo. Potevano essere almeno più originali. Ma non è più questione di sigle o di nomi. È questione di sostanza, di carne e sangue di un popolo di sinistra che non si sente più rappresentato e che anche alla Strocchi viene a raccontarsi, a fare autocoscienza, e viene ad ascoltare Vasco Errani, uno che invece i militanti li ha saputi ascoltare, rappresentare, governare. Uno che conoscono bene e di cui si fidano.

 

Lui arriva alle 14.28 puntualissimo e scatta subito l’applauso. Passano 15 minuti e comincia l’assemblea. Ci sono tre ex parlamentari – Mercatali, Albonetti, Preda – ma mancano i parlamentari in carica Pagani, Collina e Idem. Ci sono due ex consiglieri regionali Fiammenghi e Mazzotti. Non ci sono quelli in carica. Ci sono diversi consiglieri comunali (Turchetti, Campidelli, Mantovani) ma molti della maggioranza mancano; ci sono tre Assessori – Baroncini, Morigi e Bakkali – ma non ci sono gli altri. Non ci sono i Sindaci più importanti. Né de Pascale, né Malpezzi, né Ranalli, né Coffari. E non c’è nemmeno la segretaria provinciale del PD Proni. Noi non l’abbiamo vista.

Ma non è una conta fra chi va e chi resta. Fra chi sta con uno e chi con l’atro. Perché alla fine nessuno sa bene cosa fare e molti – con la faccia stravolta – dicono che non sanno ancora quale scelta faranno.

 

 

 

È un partito strano il PD, dove i massimi dirigenti locali non vanno a un’assembla di popolo PD vera, forte, intensa, appassionata come quella della Strocchi. Non vanno ad ascoltare Vasco Errani che fino a ieri – fino ad oggi e forse lo sarà anche domani – era uno dei dirigenti più amati e stimati della sinistra ravennate. Sembra quasi che chi ha una posizione, qualcosa da perdere e da difendere si tenga alla larga da questa assemblea. Solo chi non ha nulla da perdere o un po’ di coraggio si espone e viene qui ad ascoltare, a capire cosa bolle nella pancia del partito.

 

Cominciano gli interventi. E va in scena lo spaesamento della base che non si ritrova più nelle scelte dei vertici del partito. Che attacca Renzi e le sue scelte, dai voucher al referendum. Che non risparmia critiche al leader che sembrava fino all’altro giorno invincibile e che si riscopre invece debole, quasi un re travicello a cui tutti addebitano di tutto. Persino uno strano viaggio in America mentre la casa comune brucia.

 

Introduce Luca Ortolani ed è un pesante j’accuse alle scelte del PD e al suo leader. Poi tocca a Luigi un ragazzo di 20 anni che parla del dramma dei voucher e dichiara candidamente che non sa cosa fare, non sa se restare o andare via. Prende la parola Marco Turchetti – segretario del circolo e consigliere comunale – che annuncia di restare, per ora, anche perchè lui è sempre stato in minoranza e stare in minoranza non gli fa paura. Prende la parola Ivan Fuschini e parla di unità, poi Ilaria, una ragazza, che ricorda come la crisi venga da lontano e si sia rotto il senso della comunità nel PD; anche lei non sa cosa farà.

 

Un appello affinchè tutti restino è quello di Lorenzo, segretario del circolo Casadei Monti, che riecheggia i temi cari alla maggioranza renziana del partito e raccoglie un tiepido applauso. Assai più forti gli applausi per un “vecchio” dirigente come Gilberto Coffari, già Sindaco di Cervia e poi a capo della Lega delle Cooperative di Ravenna, che da due anni non prende più la tessera del PD e attacca Renzi e quella parte dei democratici che vuole rompere ed espellere dal partito la tradizione di sinistra. E se vogliono fare questo, allora questa non è più casa mia, conclude. Non cambia il filo rosso dell’assemblea con l’intervento del giovane Antonio Domenico Esposito, mentre il medico Minardi fa un appello in extremis a Errani e quasi gli intima di fermarsi, di non andare via. Ma è tardi. Vasco Errani prende la parola e conferma che se ne va, inesorabilmente. Come abbiamo detto, lo fa senza recriminazioni, senza rancori, senza strepiti, senza accuse facili. Lo fa ragionando di politica e spiegando perchè lui ricomincia da un’altra parte, perchè non è più possibile farlo dentro il PD.

 

 

 

 

LA LEZIONE DI VASCO 

Errani spiega che questa assemblea per lui è una parentesi, che prima e dopo tornerà ad accuparsi solo del terremoto. E precisa che la scelta personale annunciata in questa occasione non c’entra nulla con il terremoto. Sentiva che c’era bisogno di spiegare le sue ragioni e voleva farlo nel suo circolo. Perchè “non me la sono sentita di prendere la comoda posizione di stare nascosto” dice. Il momento è troppo difficile per non fare scelte importanti. “Ma non mi interessa qui ragionare delle responsabilità o sulle colpe di questa situazione: è una cosa troppo mediocre che non voglio fare“, ha detto. Così come ha aggiunto che detesta la deriva che sembra farsi strada nel PD, tutta legata a questioni di mera leadership e di potere.

 

Non ho contestato la leadership di Renzi. – sostiene Errani, che ha condotto un’analisi spietata della crisi di un partito sempre più slegato dal paese reale e sempre più autoreferenziale – Non l’ho vissuto come un intruso. Ho lavorato per la sintesi fra le varie anime del partito. Ma oggi cosa siamo diventati? Non ci ascoltiamo più fra noi e soprattutto non ascoltiamo più il paese. Non capisco più quale sia la nostra cultura, chi vogliamo rappresentare, dove vogliamo andare e io non voglio più dare deleghe in bianco a nessuno.” A queste parole c’è stato un grande applauso liberatorio della sala.

 

Poi Errani ha ripercorso alcune tappe della storia del PD, con il superamento “necessario” di DS e Margherita con l’obiettivo di fondere le due culture politiche per creare una nuova cultura di governo di centrosinistra: ma quel progetto è fallito, ha detto. La sfida ora è “quella di un nuovo progetto, di una nuova cultura per dare risposte nuove ai problemi del nostro pease: una risposta a chi è escluso, a chi è tagliato fuori, ai quattro quinti della società che soffrono colpiti dalla crisi e dalle trasformazioni della globalizzazione non ben governate“.

 

Secondo Errani lo scontro appare oggi fra chi è incluso e chi è escludo e “se il PD viene percepito dalla parte di chi è incluso e protetto, dalla parte dell’establishment allora il PD è finito“, ha chiarito. C’è una nuova destra sovranista in Europa e c’è Trump che vince in America. Quella vittoria ci interpella, dobbiamo chiederci perchè? dice l’ex governatore dell’Emilia Romagna. Se Trump vince vuol dire che c’è un vuoto di cultura e di risposta politica della sinistra, che non sa più parlare ai ceti più deboli e agli esclusi: “Non possiamo più rispondere con il mantra del liberismo e della flessibilità. Serve un progetto radicale, che dia risposte agli esclusi e colpisca la rendita che non produce ricchezza sociale. Serve un nuovo welfare inclusivo, welfare che non è un costo ma sarà l’economia del futuro.

 

Alla fine, la conferma: “Non voglio fare un nuovo partito e non lo farò. Ma voglio portare avanti queste idee. Voglio costruire un movimento per un nuovo campo di idee del centrosinistra. Nessuno ha l’esclusiva della sinistra, anche perchè la sinistra non è nostalgia del passato, ma deve reinventarsi per il futuro.” E poi ha aggiunto: “Vado verso una nuova avventura. Non è facile. Non è un addio. Sono sicuro che ci rivedremo.”

 

Ecco, è finita. Applausi. Tanti abbracci. Molta commozione. E tutta l’incertezza sul volto di militanti e iscritti: che si fa? Restiamo ancora? O andiamo via anche noi? La domanda è sempre quella. In definitiva, quanti dei convenuti alla Strocchi seguiranno Errani nella nuova avventura non si sa. È presto, troppo presto per dirlo.

 

A cura di P. G. C. 

 

 

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