Eremiti Sociali. Nel riminese 32 i ragazzi che preferiscono chiudersi in casa evitando la scuola

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Il termine con cui in genere vengono identificate le persone ritirate in casa è di origine giapponese, dove il fenomeno nasce negli anni ’80: Hikikomori, significa ritiro, ritirato. In Italia il termine è stato tradotto con la più suggestiva definizione di “eremiti sociali”. Sono alunni che rarefanno la propria frequenza scolastica, fino al ritiro da scuola, non tanto per disinteresse o per insuccesso negli studi, quanto perché non riescono più a reggere i contesti sociali. Un’indagine condotta dall’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna ha permesso di individuare quanti sono gli “eremiti sociali”. In tutta la Regione sono stati segnalati 346 casi, di cui 32 a Rimini (16 maschi e 16 femmine), che si dividono in 4 casi alle scuole medie e 28 alle scuole superiori. 

Secondo lo studio, i principali motivi di questo deficit sono riconducibili a depressione, disturbi d’ansia o attacchi di panico, fobia scolare e fobia, ritiro o ansia scolastica. Questo fenomeno si verifica principalmente nei ragazzi tra i 13 e i 16 anni. 56 le scuole analizzate nel territorio di Rimini. la fascia di età a maggior rischio si conferma anche a Rimini quella del passaggio tra la scuola secondaria di I e di II grado, in particolare tra i 13 e i 16 anni.

“Rendere la scuola un ambiente sociale e di apprendimento aperto – è il commento di Mattia Morolli, assessore ai servizi educativi del Comune di Rimini – non solo per prevenire e contrastare la dispersione scolastica ma per affrontare anche il disagio dei giovani, favorendone l’inclusione sociale. La paura della propria inadeguatezza ad “abitare” i contesti sociali deve essere affrontata in tutti gli ambienti in cui si manifesta; a scuola, in famiglia, tra amici, nei gruppi sportivi. L’ascolto dei giovani è importante alla pari della loro formazione e valutazione. Per questo sono diverse le scuole di Rimini che hanno già previsto al loro interno uno sportello di consulenza psicologica. Come Comune sosteniamo anche sportelli per l’Orientamento scolastico che, pur non entrando nello specifico di queste problematiche, in qualche modo possono diventarne un osservatorio indiretto. Si tratta di un fenomeno complesso e sfaccettato ancora di difficile definizione e che confina con altri tipi di disturbo o patologie. Di sicuro non possiamo affrontarlo da soli, senza una stretta collaborazione tra scuola, famiglia, realtà sociale del territorio e medici. Come ricorda infatti l’indagine nelle sue conclusioni, “davanti alla porta chiusa dietro cui una vita si annulla e cerca di scomparire, nessuno è autorizzato a lasciar perdere”

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