Lavoro stagionale: la Uil Ravenna replica a Indino di Confcommercio Rimini: “gli studenti dei licei potete assumerli come dipendenti”

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La Uil di Ravenna replica al presidente di Confcommercio Rimini, Gianni Indino, che nei giorni scorsi sulla stampa locale aveva invocato modifiche legislative per permettere ai 16enni di lavorare come apprendisti in riviera, anche senza un corso di studi attinente al percorso lavorativo.

La polemica gira attorno al caso di uno studente del liceo scientifico che non può essere assunto con contratto di apprendistato e che Indino vorrebbe fosse possibile.

“Come UIL di Ravenna rispondiamo: un allievo/a dello Scientifico può già lavorare come lavoratore dipendente con contratto stagionale differentemente da quanto asserito, semplicemente non può essere assunto con l’apprendistato di 1° livello, a cui si riferisce la nota dell’Ispettorato, poichè tale tipologia di apprendistato è riservata ad altre ipotesi applicative. Forse le aziende mirano a tale forma contrattuale unicamente per risparmiare contributi e retribuzioni: un’apprendista nel turismo è pagato l’80% della retribuzione rispetto ad un lavoratore qualificato. Se non si trovano lavoratori è anche perché i salari nel settore del turismo non sono adeguati, si lavorano troppe ore spesso con parziale regolarizzazione contrattuale, pertanto la soluzione al problema della carenza di manodopera potrebbe non essere quella di puntare sugli apprendisti, soprattutto se minorenni”, commentano dalla UIL.

“Non si tratta di ostracismo sindacale – continuano dal sindacato -, si tratta del rispetto le regole per quelle che sono, regole che tutelano i minorenni proprio in quanto soggetti vulnerabili, maggiormente sfruttabili o ricattabili. Se ci sono aziende che preferiscono assumere maggiorenni tale scelta è anche intrinsecamente legata alla scarsa compatibilità dei ritmi e degli orari nel settore del turismo con quelli imposti dalla normativa a tutela dei minori, prendendo atto che in stagione i turni di 8 ore e il giorno libero sono un optional”.

“Ogni anno assistiamo alla stessa presa di posizione ideologica degli imprenditori che lamentano la mancanza di manodopera addossando le colpe ai giovani scansafatiche – aggiunge la UIL -. Non è forse giunto il momento di chiedersi come mai in pochi ambiscano ad un lavoro nel settore? Non è forse giunto il momento di mettere in discussione un modello imprenditoriale obsoleto che non è più in linea con i tempi che cambiano? La narrazione secondo la quale solamente attraverso il duro lavoro e sacrificio avremo successo diventando tutt* imprenditori/trici è ormai anacronistica, e sono soprattutto i giovani a metterla in discussione. Prima era colpa del reddito di cittadinanza ora è colpa delle presunte limitazioni di applicazione dell’apprendistato per i minori? Se davvero non si trovano lavoratori le aziende hanno provato ad offrire condizioni di lavoro e salariali migliori per attrarre manodopera? Accogliamo con favore le recenti dichiarazioni di alcuni imprenditori riminesi che riconoscono un cambiamento culturale nella classe dei giovani lavoratori alla quale danno risposte concrete, cambiando il modello da seguire per fare impresa: turni giusti, giorni di riposo garantiti con un’attenzione al benessere dei lavorator*. Serve un cambiamento culturale e di mentalità degli imprenditori del settore del turismo, solo così il settore sarà appetibile dai lavoratori che altrimenti sceglieranno altri settori”.

“Come UILTuCS Emilia-Romagna anno scorso abbiamo effettuato un’indagine sul lavoro stagionale legata al progetto “ZERO SCHIAVI IN RIVIERA” – consultabile al seguente link https://uiltucsemiliaromagna.it/2023/11/30/zero-schiavi-in-riviera-report-2023/ – dalla quale sono emerse le molteplici criticità delle condizioni di lavoro nel settore. Invitiamo imprenditori e Associazioni di categoria a leggere i risultati, riflettendo prima di puntare il dito contro i lavoratori. Dall’indagine è emerso che il 73,8% dei lavoratori ha pensato di lasciare il lavoro prima della fine della stagione, l’86% pensa che il sistema debba cambiare in quanto servono paghe giuste, il 79% non si sente adeguatamente retribuito”, precisano.

“Ricordiamo infine che il contratto collettivo del Turismo – concludono -, firmato da Associazioni quali Confcommercio e Confesercenti, è scaduto da 5 anni e il mancato rinnovo non è certamente imputabile alle organizzazioni sindacali che si stanno battendo da tempo per avere un rinnovo giusto in termini di incrementi salariali. I prezzi dei ristoranti e degli alberghi aumentano ma i salari no. Non è arrivato il momento di redistribuire i profitti?”.

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